Munari al Museo Ettore Fico

By Pierpaolo Alessio on 5 Marzo 2017 — 2 mins read

Non ero mai stato al Museo Ettore Fico, male. Da settembre 2014 sono successe tante belle cose che mi sono perso.
Oggi sono andato a vedere la mostra di Bruno Munari. Ho fatto bene. Amo quasi tutto quello che conoscevo di Munari prima di vedere la mostra “Artista totale”, ora lo conosco un po’ meglio e lo amo, se possibile, ancora di più.

Munari è famoso per molte cose che sembrano molto diverse tra loro, ma se ci si ferma a leggere il primo tabellone della mostra, lui stesso le elenca quasi tutte. Io ne conoscevo circa la metà.
I visitatori sono accolti dai due pannelli con la biografia per punti dell’artista e un sunto dei suoi lavori più importanti, con le correnti artistiche e di design che ha attraversato. Poi si passa subito alle opere.
A primo impatto la mostra sembra organizzata in modo classico, con una serie di quadri disposti in un corridoio e due stanze. I pezzi scelti sono una sintesi perfetta dei periodi che rappresentano. Tutto ordinato, preciso, netto.
Mano a mano che si avanza, tutto diventa più contaminato, strano e confuso e la sensazione è comunque che tutto sia al posto giusto, solo un posto completamente diverso da quello che ospitava le opere precedenti.
Avanzando verso le installazioni appese (resto apposta sul vago sbagliando la definizione per non fare troppe anticipazioni) e successivamente al secondo piano si passa attraverso una sala con proiezioni, nella quale se avessi potuto avrei passato il resto della giornata, e una serie di teche espositive con i pezzi più belli e i classici dei lavori editoriali e di design di Munari.
[Premessa: seguono una serie di valutazioni personali, non sono un critico o un giornalista, non mi hanno pagato per scriverle, sono solo mie opinioni.]
Le scelte espositive calzano a pennello con l’artista e l’argomento, non sono invasive, anzi molto rilassanti.
La progressione delle opere ha il giusto ritmo, svela il necessario e non è mai banale.
Le luci sono perfette, vestono le opere e la struttura risaltando soprattutto gli appendimenti.
L’allestimento è classico. Verticale e orizzontale. Pochissime trasparenze, niente giochi di pieno e vuoto o multimatericità, che a Munari piacevano molto, ma la scelta di pulizia dell’allestimento senza guizzi sembra quasi insipida.
La scelta di mantenere tutta la mostra a un livello alto, molto alto, mi è dispiaciuto. Se mai mi dovesse capitare di accompagnare una persona che non sa nulla di Bruno Munari a questa mostra mi ritroverei a dover parlare per ore per raccontare l’influenza che ha avuto nel design e nell’editoria, cercando opere da far vedere sullo smartphone.

Strana l’assenza di uno stacco sulla fine della mostra e l’ingresso, senza soluzione di continuità, nell’area dedicata a Cosimo Veneziano (che mi è piaciuto molto) e al piano ammezzato del bookshop.

Ho adorato l’area dedicata ai piccoli visitatori dove sfogliare tanti libri, i Prelibri e giocare con le trasparenze di alcuni prodotti editoriali meravigliosi che è impossibile spiegare qui senza scontrarsi con il concetto di cinestesia e multisensorialità.
Tempo di visita: due ore + una mezzora  a discrezione nella sala video.
Mi è piaciuta la mostra? Molto. Ma ci tornerò dopo aver studiato, perché alcune cose non le ho capite.
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