Il calendario culturale del giorno prima

By Pierpaolo Alessio on 2 Novembre 2022 — 1 min read

C’è stato un periodo della mia vita in cui avevo un fitto calendario di cose da fare, mostre, musei, eventi, concerti, seguivo tutti quelli della mia città, provavo a imbucarmi a quelli in cui non avevo un ruolo e chiedevo di lavorare a quelli in cui pensavo mi sarei divertito di più. Ho pagato anche tanti biglietti e prevendite, ma facevo di tutto per riempirmi le sere e i weekend.

Poi ho lavorato per un periodo per un piccolo teatro (si, dovrei aggiornare i progetti, lo metto come proposito per il 2023) e il ritmo lento delle serate a teatro mi ha calmato, mi ha fatto ragionare su tutto quello che ho visto per foga, tutti i drink annacquati ai vernissage, tutte le sigarette fuori dai posti più assurdi e ho deciso che non avrei più partecipato come spettatore alla vita culturale della mia città. Mi ricordo anche la data, venerdì 20 dicembre del 2019, faceva freddo, avevo un cappotto grigio e avevo boicottato un evento pre-natalizio con un turno a teatro semivuoto con una collega.

Ero in reception, la caldaia non si accendeva, la stufetta era sufficiente e mentre scaldavo la mia cena prima dello spettacolo, ho pensato che la mia città mi aveva deluso.

Non ricordo bene perché, solo che quella sensazione me la ritrovo addosso ogni volta che penso di fare un salto a Paratissima o a Restructura o a CioccolaTò, o ad altri eventi con la ‘Tò finale.

Ovviamente il 2020 e il 2021 hanno contribuito a questo senso di delusione, aggiungendo la nostalgia della spensieratezza degli eventi con overbooking esagerati e capienze massime non rispettate e tutto quel sistema culturale che ci vorranno anni per ripristinare.

Il mio sentimento di sfiducia profuma di polpette al sugo con purea, riscaldati, mentre fuori forse nevica e per uscire ci vanno i guanti e le sigarette crepitano più forte quando tiri e le persone entrano nelle biglietterie dei teatri all’ultimo per prendere meno freddo possibile, sfregandosi le mani e soffiandoci dentro.

Nel frattempo ho smesso di fumare, non lavoro più a teatro, non fa più quel freddo lì e probabilmente non lo farà per qualche millennio, ma quel profumo di purea culturale con le polpette di arte avanzata, il tutto riscaldato al microonde permane e non se ne va.

E mi è venuta fame.